La peste è finita!
Il Barocco a Novara è un capolavoro di armonia
(da
La Repubblica di martedì 21 luglio)

L'arte dopo la peste.
Dopo San Carlo e dopo la Controriforma. L'arte di un Seicento uscito
dai tempi bui dei contagi, dei pentimenti e delle flagellazioni. È
l'arte di un secolo d'oro della pittura italiana, di una creatività
felice, edificante, popolare, quella che racconta la mostra
“Capolavori del Barocco: il trionfo della pittura nelle terre
novaresi” allestita nell'Arengo del Broletto e nella Sala Casorati
di Novara. Curato da Annamaria Bava e da Francesco Gonzales, il
percorso, costruito intorno a una sessantina di pezzi museali, è un
viaggio al termine della notte, fra pale d'altare con Madonne
incoronate e ritratti di Santi che hanno smesso di soffrire (come
piaceva al cuore penitente del Borromeo) e svelano, al contrario, le
proprie virtù, come una lezione di vita ai fedeli di buon animo.
Archiviati i dettami del cattolicesimo post tridentino, che
imponevano toni mesti, ambienti lividi e dubbi amletici, ecco allora
pittori dal tocco leggero, coloristi meravigliosi, capaci di
trasformare ogni scena evangelica in una sfilata di moda. Il San
Michele Arcangelo del Ceranino è un dandy con l'armatura lucida e le
ali morbide di balsamo. L'Immacolata di Carlo Francesco Nuvolone ha
un manto turchese, gonfio e croccante, come un modello di Roberto
Capucci. I loro maestri – che Giovanni Testori aveva battezzato “i
pestanti”, perché vissero a cavallo fra la peste di San Carlo e
l'epidemia del cugino Federico – avevano lasciato un segno per
l'intensità di un dolore condiviso, ma la svolta barocca portò con
sé una ventata di fiducia e una finalità pedagogica mai vista.
Bando alle figure luttuose, ogni opera doveva parlare ai credenti,
attraverso scene di episodi devozionali che potessero trascinare
verso l'alto – con un colpo di teatro! – lo spirito degli umili.
Un coinvolgimento popolare destinato a raccogliere proprio nelle
terre novaresi un alto gradimento. Novara, che viveva in simbiosi con
Milano, controllata dalla lunga mano dei principi Borromeo, i
feudatari del Lago, e da quella dei vescovi di una diocesi espansa,
assorbì il gusto e le tendenze in voga in città. Lo stile raffinato
delle committenze milanesi raggiunse le sue chiese, insieme a
pattuglie di artisti che si spostavano regolarmente lungo l'asse
Bologna Milano Genova, seminando novità. Una su tutte: il fascino
distillato in Liguria dai fiamminghi Rubens e Van Dyck, i signori
degli anelli e dei tessuti ricamati, che influenzarono i colleghi
italiani (e piemontesi) con i loro modi sontuosi. Lo si vede dal
trionfo di gioielli che Federico Bianchi dipinge nel suo Ritrovamento
di Mosè, dagli abiti vaporosi dei Santi di Abbiati o Zanatta, dai
bimbi floridi con le carni burrose di Carlo Preda. Questa gioia di
vivere culmina con l'esordio sulla scena dell'arte di Guido Reni,
Guercino, Pietro da Cortona e Maratta, maestri assoluti del genere,
che la mostra cala in chiusura come un poker di re, eredi ideali di
un'arte nata come antidoto alla peste manzoniana.
Capolavori del Barocco:
il trionfo della pittura nelle terre novaresi, Arengo del Broletto e
Sala Casorati di Novara, fino al 27 settembre, ingresso libero,
mar-dom 10-18.30, tel. 0321.394059.