
L'assessore Filippo Del Corno risponde ai dubbi di Marina Pugliese, alla vigilia della partenza.
«Ci
mancherà molto, ma siamo contenti per lei. I dirigenti non devono
essere figure sedute; la mobilità è importante e i cambiamenti sono
stimolanti per tutti». All'indomani dell'annuncio a sorpresa
di Marina Pugliese, pronta a lasciare a giorni il suo incarico di
direttore del polo dei musei d'arte moderna e contemporanea di
Milano, per cercare nuove sfide oltreoceano, l'assessore alla cultura
Filippo Del Corno si dice tranquillo. Anzi, lusingato. «In
due anni abbiamo perso tre dirigenti. Oltre alla Pugliese, Laura
Galimberti e Antonio Calbi. Io la leggo in termini positivi.
Vuol dire che abbiamo lavorato con persone in gamba, richieste in
altri luoghi e che, al loro posto, ne seguiranno altre».
Chi avrà il suo ruolo
adesso?
«Visto
l'importanza della posizione e il valore del polo museale, non potrà
che esserci un concorso. Bisognerà però aspettare il momento
opportuno, visto che la giunta è ormai a fine mandato; bandiremo il
concorso in coincidenza con la nuova amministrazione».
Un direttore per tre
musei o il Mudec correrà da solo?
«Uno
per tutti. Il Museo delle culture è nato con una vocazione che
mescola etnografia e contemporaneità. Deve far parte del polo e deve
avere una stessa direzione».
La
Pugliese auspicava la figura di uno studioso di livello
internazionale.
«Su
questo sposo la linea del ministro Franceschini. Penso al giusto mix
fra competenze scientifiche e spirito imprenditoriale. Un manager che
non sia a digiuno di conoscenze specifiche. E che abbia
l'intelligenza di valorizzare i suoi conservatori. Valuteremo
comunque un profilo ideale».
È
d'accordo sulla necessità di ripensare il Museo del Novecento?
«L'acquisizione
di due collezioni enormi, le 640 opere della raccolta Bertolini e il
nucleo donato dall'associazione dei collezionisti di Acacia, reclama
un altro respiro e spinge il percorso alle soglie del contemporaneo.
Il Novecento, per il museo, non può essere un secolo breve.
Ridefiniremo i volumi e, entro la primavera, ci allargheremo
verso Palazzo Reale, nell'ala est, destinata alle mostre temporanee
del Novecento che, fino ad ora, non hanno mai goduto di un ambiente
giusto, costringendo il pubblico a seguire tragitti tortuosi fra le
sale».
Sul mancato decollo
del Mudec cosa risponde?
«Che,
veramente, non è ancora partito. Abbiamo solo inaugurato due mostre
in anteprima, per celebrare i temi di Expo. Ma il museo inaugurerà
quando si inaugureranno gli spazi delle collezioni. Ovvero in
autunno. Allora salperà anche tutta l'attività collaterale, i
programmi del Forum delle culture, l'unico laboratorio di restauro in
Italia votato ai materiali etnografici e le iniziative per i bambini.
Abbiamo uno staff di conservatori molto motivati che opera a pieno
ritmo».
E terrà testa alla
presenza invasiva del partner privato, il 24Ore Cultura?
«Stiamo
testando un modello di gestione spartita fra pubblico e
privato che è ancora sperimentale; è naturale che vada rodato. Il
museo è stato progettato in altri tempi e in altri contesti. Poi le
condizioni sono cambiate. Non è facile, ma noi non rinunciamo a
cercare strategie».
È vero che il sindaco
Moratti è stata più sensibile di Pisapia al tema musei?
«La
Moratti ha presidiato il cantiere del Novecento quando – fra la
cacciata di Sgarbi e la nomina in corner di Finazzer – ha tenuto
per sé la delega alla cultura. Ci mancava pure che non seguisse i
lavori. È stata l'unica cosa buona uscita da quella gestione.
Pisapia ha delegato l'assessore alla cultura a monitorare il Mudec ed
è stato presente nei momenti necessari».
Come finirà la famosa
guerra dei pavimenti?
«Sono in corso un accertamento tecnico
sulle opere di posa e un procedimento giudiziario. Queste pratiche
hanno tempi lunghi, alla fine sapremo chi ha sbagliato. Se il
progettista, le imprese oppure la direzione lavori. Una situazione
poco felice ma, soltanto dopo aver sentito il parere di un
magistrato, sapremo di chi è la colpa».