Il
richiamo della foresta
Il Museo d'Orsay di Parigi al centro del ciclone per il capolavoro di Courbet
L'origine del mondo. La bellezza dell'arte... come mamma l'ha fatta.
Moralismo e pruderie son fuori luogo.
(vietato ai minori, ma anche no!)

Courbet, autore di una
pittura votata al realismo duro e crudo, non se lo fece ripetere.
Scelse, come protagonista della sua ricerca “anatomica”,
l'inguine oscuro di una modella disinibita, di cui ancora non si
conosce il nome, sebbene un'indizio ci sia! Merito infatti della sua
criniera nera, arruffata sulla pelle algida, se alcune ipotesi
sull'identità dell'allegra madmoiselle sono state fatte.
Joanna Hiffernan, “la belle irlandaise”, musa e (forse) amante
del pittore, è sempre sembrata la figura più propensa – per via
della libertà d'animo e di costumi – a svelare le proprie grazie
al maestro. Peccato che i toni ramati come il corallo della sua
splendida capigliatura nordica, poco ci azzecchino con quelli cupi e
profondi del misterioso pube.
Mentre il dubbio rimane,
una certezza avanza. Courbet ritrasse il fatidico monticello per due
ragioni evidenti: dimostrare quanto la sua pittura potesse essere
fotografica, fedele a un soggetto... penetrato a fondo. E quanto,
allo stesso tempo, potesse risultare fotogenico, fascinoso, pieno di
grazia e sensualità un pube folto e frondoso come quello della sua
modella espansiva. «D'inverno
la donna è tutta più segreta e sola, più morbida e pelosa»
cantava Paolo Conte in controtendenza alla moda oggi dilagante della
ceretta nelle zone d'ombra. Che, davanti all'opera di Courbet, inno
alla gioia del pelo in libertà, sembra un'offesa a un dono di
natura, a un'identità che – laggiù – si manifesta intimamente.
Non è un caso che autori
di tutti i secoli abbiano reso omaggio alla bellezza della vagina non
depilata. A partire da Tiziano e Botticelli che, nelle loro “veneri”
discinte giocarono a nascondino, celando ciuffi setosi fra mani
appoggiate con pudore fra le cosce, o ciocche di capelli sparsi per
confondersi col vello. Anche Klimt e Schiele dichiararono il loro
amore per le donne pelose in disegni conturbanti di vulve calorose.
Esattamente come quelle che Marina Abramović, la celebre body artist
di Belgrado, ha fatto sventolare, qualche anno fa, alle attrici del
suo video Balkan Erotic Epic, donne-contadine alle prese con
un rito di fecondazione dedicato alla dea madre e alla natura come
fonte benigna di procreazione. Un'orda di fattoresse si strusciava su
prati in fiore. Tutte rigorosamente senza mutandine e con la vagina
«fully dressed», ovvero “vestita” allo stato naturale, come
dicono gli inglesi.
E così, mentre Vanessa
Beecroft, altra signora della performance, continua a fare posare le
sue modelle in déshabillé, bandendo la depilazione laser a favore
di un «natural style»,
la giovane fotografa Rhiannon Schneiderman ha sollevato un vespaio
con una serie di auto-scatti che ironizzano sui nuovi standard di
bellezza, sfoderando un pube capelluto, phonato, corredato di toupet
dalla lunghezza variabile e la messa in piega fresca di
“parrucco”. Come a dire la femminilità è valorizzata dai
misteri della foresta. Courbet lo aveva dimostrato un secolo e mezzo
fa.
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