I dollari sono verdi perché crescono
sugli alberi.
Breve chiosa su un patrimonio che NON
coltiviamo.
Se l'aria di primavera vi
ha spinto in questi giorni a passeggiare per le vie di Milano,
arrivando fino ai giardini di via Palestro, avrete forse notato le
aiuole incolte, l'erba bruciata, i mozziconi di tulipani morti che
coronano il fronte della Villa Reale che affaccia sul parco dedicato
ai bambini. Che, fra le altre cose, sfoggia tempietti neoclassici
ammuffiti e graffittati, oltre a una teca sporca che conserva un
capolavoro simbolista di Adolfo Wildt, dimenticato e rotto.
Mi chiedo cosa ne
farebbero di questo patrimonio verde e antico i francesi, gli inglesi
o gli americani, se lo avessero a disposizione. Ne uscirebbe un
giardino di delizia come quello del Museo Rodin di Parigi, o un eden
perfettamente allineato come quello di Schönbrunn? Un parchetto
delizioso punteggiato di giochi per bambini come il St James's Park,
o un dedalo di canali attraversati da cigni e barche come al Boston
Common che, non a caso, si autofinanzia grazie a tutti i servizi
offerti, il punto informazioni con bookshop, il birdwatching in
centro città (sembra assurdo, ma funziona), i baretti per la
degustazione degli hot dog (vogliamo parlarne?).
E così, mentre da loro i
dollari crescono sugli alberi, da noi sugli alberi si vedono solo
rami secchi che il comune non si è neanche preoccupato di tagliare.
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